Franco Costalonga (Venezia, 1933). Inizia la pro­pria formazione come autodidatta, frequentando solo in seguito, come privatista, la locale Scuola d'Arte, dove segue gli insegnamenti di Remigio Butera. Dopo aver esordito come incisore e acqua­fortista, conseguendo il primo premio alla 50° Collettiva della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, si avvicina alla pittura, elaborando una vasta serie di dipinti, caratterizzati, in una sottile modulazio­ne cromatica incentrata sulle scale dei rossi e dei rosa, dalla libera e aerea espressione di eleganti grafismi di mediata matrice liciniana e wolsiana. Nella seconda metà degli anni sessanta, dopo essere entrato a far parte del Gruppo Dialettica delle Tendenze, Costalonga verrà quindi elaboran­do, tramite l'impiego di nuovi materiali, delle ori­ginali superfici tensionate, generanti forme tridi­mensionali. Tali nuovi procedimenti lo porteranno in seguito ad avvicinarsi a Bruno Munari, presi­dente del gruppo "Sette-Veneto", in collegamento con il Centro Operativo Sincron di Brescia, diretto da Armando Nizzi, approfondendo così i suoi inte­ressi per le nuove esperienze cinetico-visuali. Per tali nuove creazioni, nel 1967 Costalonga viene premiato alla 55° Collettiva della Fondazione Bevilacqua La Masa, mentre l'anno successivo, una sua opera “Oggetto Cromo-cinetica-sfera”di plexiglass entrerà a far parte della Collezione Guggenheim. Operatore visivo attivo anche nel­l'ambito dell' arredamento e del design, Costalonga ha ottenuto in tali settori numerosi riconoscimenti. Dopo aver sperimentato tutte le possibili combinazioni degli specchi sferici, con i quali partecipò all’edizione della Biennale di Venezia del 1970, nel 1973 l’artista veneziano concepì un nuovo elemento: un piccolo cilindretto la cui sommità veniva tagliata a 45° e colorata. Dapprima come unità singole e in seguito assemblati in moduli da sessantaquattro, questi semplici elementi diedero vita a geometriche rappresentazioni, le cui forme mutavano d’intensità cromatica in corrispondenza dell’interagire del fruitore con l’opera e dell’azione della luce sulla superficie cromatica. Gli “Oggetti quadro sui gradienti di luminosità”, questo il loro nome, ampliarono il campo applicativo della ricerca cromatica - la cui rilevanza teorica è fondamentale per Costalonga - potendo essi disporre di una pressoché illimitata programmazione delle loro combinazioni. Le successive espansioni (altrimenti dette “Destrutturazioni modulari”), opponevano invece, al sistema componibile e regolare dei moduli, un impiego frammentario e periferico del cilindretto che rispondeva alla libertà espressiva dell’artista. Contestualmente alla sperimentazione cine-visuale, negli anni settanta Franco Costalonga elaborò, partendo sempre da un singolo elemento modulare, prima le “Strutture elicoidali” e in seguito le “Strutture sui movimenti di simmetria”, concepite come un insieme di componenti plastici flessibili o rigidi, combinati in una trama geometrica dall’indirizzo ascensionale. Numerose, nel frattempo, le sue par­tecipazioni a mostre nazionali e internazionali tra le quali: la XI Quadriennale di Roma nel 1966, la mostra itinerante The Arts Council of Great Britain di Venezia nello stesso anno; Trigon 71 - Intermedia Urbana a Graz. Nel 1972 ha preso parte alla rassegna Grands et Jeunes d'au­jourd'hui - Art cinetique-Peinture-Sculpture al Grand Palais di Parigi, nel 1974 alla Internatio­naIe Kunstmesse-Art5 di Basilea e nel 1976 alla mostra Comtructivismo alla Universidad Central di Caracas. In seguito, a partire dal 1978, entra a far parte del Centro Verifica 8+l nell'ambito del quale, nel corso degli anni ottanta, verrà approfondendo le proprie ricerche caratterizzate dall'impiego di materiale plastico reticolare per generare movimenti e variazioni di simmetria. Nel 1986 è invitato nella sezione Arte-Scienza-Colore della XLII Biennale di Venezia. Nel 1990, dopo un lungo periodo di inattività, Franco Rossi, alla cui galleria l’artista era già stato legato in passato, fornì lo spunto per una nuova realizzazione che comportò l’ausilio di piccoli specchi circolari appesi con un filo di nailon all’interno di strutture geometriche colorate. Muovendosi casualmente, per effetto dell’aria, gli “Specchi mobili” riflettono la luce e il colore dei lati interni alla struttura. Sempre nell’ambito del movimento, ma questa volta sul versante della partecipazione attiva del fruitore con l’opera, nascono le “Tensoforme”, composte da un lamierino traforato e da un tessuto elastico, su cui è possibile intervenire modificando la superficie attraverso un magnete posto sul retro del quadro. Nei primi anni novanta Costalonga riconsidera nuovamente il pvc metalizzato adattandolo, in sottili lamine, sulla superficie uniformemente righettata di un supporto rigido. Crea in questo modo i “Pseudorilievi” dove la luce (possibilmente radente) ha un ruolo fondamentale: a contatto con le lamine a specchio produce una zona di riflesso luminoso e una zona d’ombra la quale circoscrive un ingannevole rilievo. Anche per i “Riflex” venne utilizzato, seppure in piccoli frammenti, il materiale lamellare in pvc; disponendolo sul supporto con un criterio di addensamento e rarefazione si ottennero soluzioni di rifrazione cromatico-luminosa di grande efficacia. Con le “Strutturazioni” e le “Destrutturazioni” Costalonga ritorna ad occuparsi, a distanza di molti anni, della sola superficie dipinta: interviene con l’aerografo per riprodurre delle strutture geometriche che in una seconda fase destruttura. Gli esiti più recenti della ricerca sperimentale, oltre ai “Mokubi2”, che sono le ultimissime varianti tridimensionali degli “Oggetti quadro”, sono le “Consequenziali estreme” e le “Curve modulari (Mokurve)”. Le prime, realizzate con materiale termoplastico metalizzato in altovuoto, conseguono dalla pulizia degli stampi dei cilindretti assumendo forme casuali; le seconde si ottengono invece dall’insieme concatenabile e modificabile di elementi modulari curvi. Ulteriore evoluzione è stata infine apportata ai “Mokubi” con il termine “Mokudue s.” Si tratta di elementi modulari posti su un reticolo triangolare che assemblati rendono visivamente l’apparenza di un cubo in assonometria. Le superfici dipinte delle singole facce creano un’ulteriore vibrazione che movimenta ulteriormente l’immagine complessiva. Gli ultimi anni sono stati contrassegnati da importanti mostre, al Castello di Lubiana, alla Fondazione Matalon di Milano, alla Biblioteca Nazionale di Cosenza, allo studio f.22 Modern Art Gallery di Palazzolo sull’Oglio dove nel 2008 presenta “Quarant’anni di ricerca visiva” e al Museo Santa Caterina di Treviso. Dagli anni duemila è presente inoltre in rassegne sul cinetismo internazionale come “Le Parc, Garcia Rossi, Demarco e altre testimonianze del cinetismo in Francia e Italia”, Roma e Spoleto, “Il cinetismo quarant’anni dopo”, Torino, “Alberto Biasi, Testimonianze del cinetismo e dell’arte programmata in Italia e Russia, Museo dell’Hermitage, San Pietroburgo, “Il cinetismo dalle origini ad oggi”, Zagabria e “Kinetického”, Museo Nazionale d’Arte Moderna di Praga. Nel 2002 l’oggetto cromocinetico a sfera acquistato da Peggy Guggenheim è stato esposto alla mostra “Themes and Variations, Arte del dopoguerra delle collezioni Guggenheim”, Venezia, e nel 2007 a Verona nella mostra “Peggy Guggenheim, un amore per la scultura”.

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